Manta Ray

UN FILM DI Phuttiphong Aroonpheng
Thailandia, 2018, 105′

Con Wanlop Rungkamjad, Rasmee Wayrana, Aphisit Hama
Sceneggiatura: Phuttiphong Aroonpheng
Fotografia: Nawarophaat Rungphiboonsophit
Musica: Christine Ott, Mathieu Gabry – SNOWDROPS
Montaggio: Lee Chatametikool, Harin Paesongthai
Produzione: Youku Pictures, Diversion, Les Films de L’Etranger
Distribuzione: Mariposa Cinematografica

Premi e Festival: Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Venezia (premio Orizzonti); Toronto IFF; Cairo IFF (miglior regista); Zagreb FF (miglior film)

V.O. thailandese, sottotitoli in italiano

 

Un pescatore trova un uomo ferito e privo di sensi in una foresta situata nei pressi di un villaggio sulla costa tailandese, dove sono annegati migliaia di rifugiati Rohingya. Dopo aver messo in salvo lo straniero, che non dice una parola, il pescatore gli offre la sua amicizia e lo chiama Thongchai. Poi, improvvisamente, il pescatore scompare in mare e Thongchai inizia lentamente a impadronirsi della vita dell’uomo, della sua casa, del suo lavoro e della sua ex-moglie.

 

«Sono arrivato in questo posto nel 2009, solo ed emozionato, guardando il Myanmar. Non c’era nessun checkpoint per il controllo dell’immigrazione, nessun soldato di pattuglia, nessun filo spinato. Solo un torrente profondo fino alla cintola mi separava dall’attraversamento. […] Quello stesso anno, sulla costa thailandese, barche che trasportavano rifugiati furono respinte dalle autorità. Cinque barche di legno si rovesciarono. Trecento Rohingya scomparvero in mare. Avrei voluto per loro il destino di “Thongchai”, il personaggio principale della mia sceneggiatura; ferito e scaraventato sulla costa tailandese, ma vivo» – Phuttiphong Aroonpheng

 

«L’esordio del regista thailandese è un film misterioso che ha radici nel cinema muto di Man Ray e Luis Buñuel.» – Giulio Vicinelli, Alias/Il Manifesto

«Il film che il regista tailandese ha offerto al suo pubblico incuriosisce e, inevitabilmente, avvince, carico come è di quel ricco potenziale espressivo e di una magnifica fantasia nel dare forma controllata ad un soprannaturale che lambisce la vita del reale, conferendo alle immagini un chiaroscuro perfettamente funzionale alla dinamica spirituale del racconto.» – Tonino De Pace, Sentieri Selvaggi

 

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